L’organizzazione del lavoro nel commercio elettronico deve affrontare problematiche in tutto simili a quelle che devono essere affrontate in tutti gli altri settori di attività. L’impatto del commercio elettronico varia a seconda della natura dei posti di lavoro. Per lo sviluppo di piattaforme web sono necessari lavoratori altamente qualificati – quali ingegneri, scienziati, analisti e gestori di sistemi informatici, designer, scrittori e redattori, analisti di sistemi informatici, ingegneri, programmatori – mentre l’aumento del numero di centri di rifornimento richiede un numero maggiore di magazzinieri e autisti.

Nell’ordinamento giuridico italiano esistono tre grandi categorie di lavoro: il lavoro subordinato, il lavoro autonomo ed il lavoro parasubordinato (collaborazioni coordinate e continuative).

Il lavoro subordinato

 

L’articolo 2094 del codice civile definisce prestatore di lavoro subordinato chi “si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro, intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.
Le principali caratteristiche del lavoro subordinato sono:

  • il dipendente è posto sotto la direzione ed il coordinamento del datore di lavoro e deve eseguire le direttive che l’azienda gli impartisce. Il dipendente non è dunque libero di decidere da sé come lavorare, dove lavorare, con quali tempi ma deve attenersi a ciò che gli prescrive il datore di lavoro;
  • il rispetto di un orario di lavoro fisso e determinato dal datore di lavoro;
  • il luogo di lavoro presso la sede aziendale;
  • l’utilizzo degli strumenti di lavoro messi a disposizione dal datore di lavoro;
  • il pagamento di una retribuzione mensile fissa;
  • l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.

 

Il contratto di lavoro subordinato può assumere varie forme delle quali ci occuperemo nel seguito: a tempo indeterminato, a termine, di apprendistato, intermittente detto anche a chiamata.

 

Il lavoro autonomo

 

L’articolo 2222 del codice civile definisce contratto d’opera, e quindi prestazione di lavoro autonomo, quando ci si obbliga a rendere in prima persona un’opera o un servizio “senza vincolo di subordinazione”.

Le principali caratteristiche del lavoro autonomo sono:

  • il lavoratore si impegna a realizzare un’opera o a svolgere un servizio a favore del soggetto che lo richiede (detto committente) ma non viene per questo inserito nell’organizzazione del committente o assoggettato alle direttive di questo.
  • il lavoratore autonomo si impegna a realizzare un risultato, ma è libero di decidere come lavorare, quante ore al giorno, dove lavorare, con quali strumenti.

 

 

Il lavoro parasubordinato (detto anche lavoro coordinato e continuativo)

 

La Collaborazione Coordinata e Continuativa è un rapporto di lavoro autonomo che presenta alcune caratteristiche tipiche del lavoro subordinato. La definizione normativa è stata modificata recentemente dalla Legge 81/2017, che ha modificato  l’art. 409 del Codice di Procedura Civile inserendo la seguente definizione: “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”.

Le principali caratteristiche del lavoro coordinato e continuativo sono:

  • Non c’è il rischio di impresa
  • Può essere previsto l’utilizzo di mezzi di proprietà del committente
  • Il luogo dello svolgimento della prestazione può essere anche la sede aziendale (o altra sede messa a disposizione dal committente)
  • Il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa (quindi non è obbligato al rispetto di orari e a giustificare assenze)
  • Il collaboratore non è sottoposto al potere disciplinare
  • La prestazione deve essere prevalentemente individuale (non può far svolgere ad altri il proprio lavoro)

 

Alle collaborazioni coordinate e continuative sono state, nel corso del tempo, estese una serie di tutele legate al lavoro subordinato in materia di malattia, infortunio, sicurezza sul lavoro, pagamento dei contributi previdenziali, indennità di disoccupazione dis-coll, etc. (D.Lgs 81/2015, L. 128/2019).

L’art. 2, primo comma del Dlgs 81/2015, nel testo oggi vigente, così dispone: “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.”

L’estensione della disciplina propria del rapport di lavoro subordinato, tuttavia, non opera nei seguenti casi (art. 2 comma2):

  • per le collaborazioni individuate dalla contrattazione collettiva nazionale;
  • per le prestazioni intellettuali rese da soggetti iscritti ad Albi professionali;
  • per le attività prestate dai component degli organi di amministrazione e controllo delle società e dei partecipanti ai college ed alle commissioni, esclusivamente in relazione alle loro funzioni;
  • per le prestazioni rese a fini istituzionali nelle associazioni sportive e dilettantistiche riconosciute dal Coni;
  • per le collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e realizzazione di spettacoli da parte di fondazioni di cui al D.Lgs 29/06/1996 n. 367
  • per le collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla Legge 21 marzo 2001 n. 74 recante disposizioni in material di attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS).

 

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato

 

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato è la forma comune di rapporto di lavoro e costituisce un accordo tra due soggetti:

  • il lavoratore, persona fisica che si impegna a svolgere un’attività lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro
  • il datore di lavoro, che può essere una persona fisica, giuridica o un ente, che a sua volta si impegna a retribuire il lavoratore per le prestazioni svolte, nonché a versare i contributi previdenziali e assistenziali

 

Il contratto è detto “a tempo indeterminato” in quanto il datore di lavoro e il futuro lavoratore alle sue dipendenze si impegnano a intraprendere un rapporto di lavoro senza vincolo di durata.

 

Come gli altri tipi di contratto subordinato, viene generalmente regolato dai CCNL (Contratti Collettivi nazionale del lavoro), che determinano le specifiche contrattuali delle singole categorie aziendali in Italia.

 

Il contratto di lavoro a tutele crescenti

 

Non si tratta di un nuovo contratto di lavoro, bensì di una nuova veste contrattuale applicata al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nello specifico, il decreto legislativo ha introdotto una nuova disciplina sulle tutele nell’ambito dei licenziamenti illegittimi, riguardante i neoassunti a tempo indeterminato a partire dal giorno 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo contenuto nel Jobs Act (L. 183/2014).

La denominazione “a tutele crescenti” è motivata dal rapporto tra la permanenza in azienda e la misura dell’indennità in caso di licenziamento da parte del datore di lavoro, che in questo caso è definito preventivamente dal contratto, con un criterio direttamente proporzionale.

Nello specifico, al lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato spettano 2 mensilità per ogni anno di attività (con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità), nel caso in cui il datore di lavoro decida di licenziare il dipendente. In questo caso, inoltre, lo Stato riconoscerà al neo-disoccupato l’indennità di disoccupazione Naspi.

 

Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo indeterminato

 

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato deve essere in linea di massima redatto in forma scritta e contiene gli estremi riguardanti il rapporto di lavoro:

  • mansioni e attività lavorative richieste
  • inquadramento (livello di inserimento e qualifica del lavoratore)
  • data di inizio del rapporto di lavoro (mentre non compare il termine, in funzione della natura del contratto)
  • periodicità e ammontare della retribuzione
  • luogo e orario di lavoro (giornaliero e settimanale)
  • ferie e permessi
  • eventuale periodo di prova
  • condizioni di preavviso in caso di recesso dal contratto

 

Orario di lavoro del contratto a tempo indeterminato

 

L’orario di lavoro dipende dal CCNL a cui il contratto fa riferimento. L’orario standard più utilizzato dalle aziende che erogano servizi (e che fanno capo al CCNL commercio) è di 40 ore settimanali.

Esiste anche la possibilità di lavorare part-time, con tre differenti tipologie di tempo parziale:

  • verticale: l’attività lavorativa è svolta a tempo pieno, ma solo per determinati periodi nel corso della settimana, del mese o dell’anno (ad esempio 8 ore per soli 4 giorni a settimana)
  • orizzontale: l’orario di lavoro giornaliero risulta inferiore all’orario normale (ad esempio solo 4 ore al giorno anziché 8);
  • misto: l’orari di lavoro combina le due modalità verticale e orizzontale (ad esempio 4 ore al giorno per una settimana una volta al mese).

 

Periodo di prova nel contratto di lavoro a tempo indeterminato

 

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato presenta un periodo di prova iniziale, funzionale a una verifica preliminare, da parte di entrambe le parti, della convenienza del rapporto di lavoro.

Durante il periodo di prova il rapporto di lavoro può essere interrotto, senza oneri a carico e senza preavviso, sia dal lavoratore che dal datore di lavoro.

La durata del periodo di prova è stabilita dal CCNL di riferimento, con un decorso di massimo 6 mesi. Deve essere convalidata da una clausola all’interno del contratto, quindi sottoscritta da entrambe le parti.

 

Recesso e cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato

 

Per cessare un contratto di lavoro a tempo indeterminato è necessario un atto di recesso, che deve essere redatto in forma scritta dall’azienda e in via telematica dal lavoratore (ad eccezione di alcuni casi specifici).

Il recesso può essere una scelta operata da parte del lavoratore (dimissioni), del datore di lavoro (licenziamento), oppure concordato con consenso comune di entrambe le parti.

Il lavoratore può rassegnare le proprie dimissioni senza dover fornire motivazioni, mentre il datore di lavoro può licenziare un dipendente a tempo indeterminato solo in alcuni casi specifici:

  • per giusta causa, vale a dire in caso di gravi azioni commesse dal dipendente che non consentano un corretto svolgimento dell’attività lavorativa
  • per giustificato motivo oggettivo, ossia per motivi riguardanti l’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro e il suo regolare funzionamento
  • per giustificato motivo soggettivo, ovvero a causa di un mancato adempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, ma con un’entità di gravità minore rispetto alla giusta causa

In ogni caso, chi decide di recedere dal contratto di lavoro è tenuto a dare un preavviso all’altro soggetto. La durata del preavviso è stabilita generalmente dal CCNL di riferimento. Il mancato preavviso comporta l’obbligo di versare un’indennità, di importo equivalente alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato

Il contratto di lavoro a tempo determinato, o contratto a termine, definisce un rapporto di lavoro dipendente o subordinato in cui il lavoratore è assunto per un periodo di tempo definito. Il contratto, quindi, oltre ad avere una data di inizio prestabilita, riporta anche una data che indica la fine del rapporto di lavoro.

 

 

Forma del contratto di lavoro a tempo determinato

 

Come previsto dalla legge, il contratto di lavoro a tempo determinato deve essere redatto per iscritto e consegnato al lavoratore entro 5 giorni dall’inizio della collaborazione.

In mancanza di una data di termine espressa in forma scritta, il contratto si considera a tempo indeterminato.

L’atto scritto non è richiesto qualora la durata del rapporto di lavoro non superi i 12 giorni.

L’azienda non ha l’obbligo di indicare la causale, ovvero le motivazioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo per cui ha scelto di utilizzare questa tipologia di contratto. La causale però diventa obbligatoria al superare dei primi 12 mesi. Esistono inoltre parametri che definiscono la durata massima, il numero di proroghe possibili e l’intervallo di tempo tra due contratti di lavoro a tempo determinato.

L’azienda può assumere dipendenti a tempo determinato nel limite del 20% del numero di lavoratori a tempo determinato esistenti a inizio anno.

 

Quadro contributivo

 

A decorrere dal 2013, sui contratti di lavoro a tempo determinato è applicata l’aliquota contributiva aggiuntiva dell’1,4%, ad esclusione di alcune specifiche eccezioni.

 

Durata del contratto di lavoro a tempo determinato

 

La durata di un rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore e un datore di lavoro non può superare i 24 mesi, a meno che non si tratti di lavoro stagionale o che non sia diversamente regolamentato dal CCNL di riferimento. Oltre il limite di durata massima, il lavoratore ha diritto alla conversione in rapporto di lavoro a tempo indetrminato.

Nel calcolo della durata si considera l’arco di tempo complessivo in cui si sono susseguiti i diversi rapporti di lavoro a tempo determinato tra uno stesso datore di lavoro e uno stesso lavoratore, con mansioni equivalenti e indipendentemente da periodi di interruzione tra i contratti.

Qualora la durata massima venga superata, sia nel caso di un unico contratto, sia che si  tratti di una successione di contratti, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato a partire dalla data del superamento.

In caso di nuove assunzioni, i lavoratori che vengono assunti con un contratto a tempo determinato di durata superiore ai 6 mesi hanno la precedenza rispetto agli altri candidati.

Proroga del contratto di lavoro a tempo determinato

Ferma restando la durata massima e previo consenso del lavoratore, il contratto a tempo determinato può essere prorogato per un massimo di 4 volte.

È prevista la possibilità di stipulare un ulteriore contratto, della durata massima di 12 mesidinnanzi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Qualora tale condizione non venisse rispettata e il numero delle proroghe fosse superiore a 4, dalla data di decorrenza della quinta proroga il contratto si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato.

Secondo la normativa è obbligatorio che tra la stipula di due contratti a tempo determinato trascorra un numero minimo di giorni. Gli intervalli di tempo previsti sono rispettivamente pari a:

  • 10 giorni, nel caso in cui la durata del primo contratto sia inferiore a 6 mesi
  • 20 giorni, se la durata del primo contratto supera il semestre di attività lavorativa

Dimissioni e licenziamento

Non è consentito il licenziamento di un dipendente assunto a tempo determinato prima della scadenza del termine stabilita dal contratto, a meno che non si sia verificato un fatto tanto grave da impedire una prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto di lavoro.

Non è contemplato il licenziamento per giustificato motivo, né soggettivo né oggettivo.

Il licenziamento senza giusta causa avvenuto prima del termine stabilito dal contratto comporta automaticamente il diritto del lavoratore a richiedere un risarcimento del danno, pari alla somma di tutte le retribuzioni che gli sarebbero spettate fino alla scadenza prevista.

 

Il contratto di apprendistato

Si tratta di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato che prevede un periodo di formazione iniziale al termine del quale, in accord tra le parti, il contratto di apprendistato si trasforma in contratto a tempo indeterminate.

A fronte della prestazione lavorativa, la controprestazione del datore di lavoro è di duplice natura, in parte retributiva ed in parte quella di fornire al lavoratore formazione sia teorica che pratica, ciò che ne costituisce il fine peculiare.

Al termine del periodo formativo, il datore di lavoro può recedere dal contratto senza necessità di giustificato motivo) con preavviso anticipato rispetto alla scadenza. Il mancato recesso con preavviso, al termine del periodo di apprendistato, ha, per effetto, la “conferma “in servizio, per legge, del lavoratore, con ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Il contratto di apprendistato ha forma scritta, deve prevedere un piano formativo e il lavoratore, per quanto riguarda la retribuzione, può essere inquadrato fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante oppure ricevere uno stipendio graduale sulla base di anzianità di servizio o calcolata in percentuale.

L’apprendista, proprio perché in formazione, non può essere pagato a cottimo e non può essere comandato a svolgere, se non in via eccezionale, lavoro straordinario.

Esistono tre tipologie di contratto di apprendistato:

  • Contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale: è rivolto ai giovani tra i 15 e i 25 anni d’età ed ha l’obiettivo di consentire a chi è ancora impegnato in percorsi di studio e formazione di avere un’esperienza pratica nel mondo del lavoro.

La qualifica professionale potrà essere triennale oppure portare ad un diploma professionale.

Per quanto riguarda la durata dell’apprendistato, il contratto non può durare di norma più 3 anni. La retribuzione del contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale è di 2 mila euro all’anno nel caso di minorenni e di 3 mila per i maggiorenni.

 

  • Contratto di apprendistato professionalizzante: può essere stipulato nei confronti di giovani tra i 18 e i 29 anni e, se in possesso di qualifica professionale, anche a partire dall’età di 17 anni. La qualifica prevista da questa tipologia di apprendistato è differente sulla base di quanto previsto dai CCNL di categoria e stessa cosa per quanto riguarda retribuzione e durata, che di solito non può essere maggiore di 3 anni e minore di 6 mesi.

Il contratto, redatto in forma scritta, dovrà indicare la qualifica prevista al termine dell’apprendistato e il profilo formativo. Con il Jobs Act è stata estesa la possibilità di essere assunto con contatto di apprendistato professionalizzante anche ai disoccupati percettori di Naspi, Dis-Coll e altri ammortizzatori sociali senza limiti d’età. In merito alla retribuzione prevista, i lavoratori assunti con apprendistato professionalizzante percepiranno uno stipendio regolare e la retribuzione in linea di principio parte dal 60% della retribuzione prevista per il proprio livello d’assunzione, che gradualmente nel corso degli anni passerà al 100%.

  • Contratto di apprendistato per l’alta formazione e ricerca: questa tipologia di contratto è rivolta a giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni ed ha come obbiettivo quello di permettere il conseguimento del diploma di istruzione secondaria, la laurea, un master, il dottorato di ricerca e il praticantato per l’accesso agli ordini professionali; può rappresentare un’opzione per il conseguimento del diploma o una certificazione tecnica e può agevolare l’ingresso dei giovani impegnati nelle aree di ricerca delle aziende. La durata di questo tipo di apprendistato varia sulla base del titolo di studio che si intende conseguire e per quanto riguarda la retribuzione la disciplina è rimandata al CCNL e al livello di inquadramento.

Il contratto di lavoro intermittente o “a chiamata”

E’un contratto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.

Presupposti:

  1. oggettivo:deve essere previsto nel contratto collettivo, anche aziendale, applicato dal datore di lavoro. In mancanza, i casi di utilizzo sono individuati con decreto ministeriale;
  2. soggettivo:può essere concluso esclusivamente con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni siano svolte entro il 25° anno, e con più di 55 anni.

Il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Tale contingentamento non si applica ai settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

Sono previste due forme di contratto di lavoro intermittente:

  • con obbligo di disponibilità: il lavoratore è obbligato a restare disposizione del datore per svolgere la prestazione lavorativa, quando il datore lo richiede. In tal caso è riconosciuta al lavoratore una indennità mensiledi disponibilità determinata dai contratti collettivi. Durante il periodo in cui resta disponibile, sia in presenza di un obbligo di disponibilità, sia nel caso contrario, non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, non matura quindi alcun trattamento economico o normativo, salvo l’eventuale indennità di disponibilità. In tale periodo inoltre, entrambe le parti possono recedere liberamente dal contratto.
  • senza obbligo di disponibilità: il lavoratore è libero di rifiutarsi, se richiesto, di prestare la propria attività. In tal caso il lavoratore avrà diritto alla retribuzione corrispondente alle sole ore di lavoro effettivamente prestate.

 

 

 

 

Le parti devono stabilire per iscritto le mansioni, l’inquadramento a livello secondo il Ccnl applicato, la retribuzione, il luogo di lavoro, le modalità attraverso le quali la prestazione lavorativa può essere richiesta e accettata, I tempi nei quali la prestazione stessa deve essere resa, le modalità di rilevazione della presenza al lavoro, ed ogni altra consueta clausola del contratto di lavoro subordinato compatibile con la particolar figura contrattuale in esame.

Il lavoratore intermittente non deve comunque ricevere per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e a parità di mansioni svolte.