E se il vostro commercio elettronico non fosse diretto a privati consumatori, ma ad altri imprenditori/venditori, che acquistano sul vostro sito per poi, a loro volta, rivendere i prodotti tramite il loro e-commerce?
Come funziona in questo caso l’e-commerce tra imprenditori?
La disciplina italiana è dettata dalle norme del Codice Civile in tema di compravendita, che possono essere derogate dalle parti con una specifica pattuizione, contenuta nelle Condizioni Generali di Vendita Online del fornitore, efficaci nel momento in cui l’altra parte contrattuale, cioè l’acquirente, le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza al momento della conclusione del contratto online.
ARTICOLO 1341 DEL CODICE CIVILE
Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza.
Tuttavia non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Si è a lungo discusso in dottrina e giurisprudenza sulla possibilità di individuare meccanismi di sottoscrizione di tali clausole equivalenti alla firma autografa; di fatto però, ad oggi, (come si vedrà meglio in seguito) non vi è un assetto normativo o sufficienti precedenti di giurisprudenza che legittimino la validità di una accettazione con mezzi equipollenti alla vera e propria firma autografa, con l’unica eccezione della firma digitale, con cui peraltro non tutti hanno familiarità.
È vero che sono sempre più diffusi strumenti digitali posti direttamente a disposizione dell’acquirente da parte del fornitore, come già fanno per esempio molte banche o società fiduciarie, soprattutto quelle che operano esclusivamente online, strumenti che consentono la sottoscrizione online dei documenti rilevanti mediante l’utilizzo di codici di identificazione o password.
A livello UE, le norme relative alle firme elettroniche sono stabilite dal regolamento (Ue) n. 910/2014 sull’identificazione elettronica e i servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno (regolamento eIDAS).
Il regolamento eIDAS distingue tre tipi di firme elettroniche:
- la firma elettronica comune, come la firma automatica sotto forma di e-mail o la scansione di una firma autografa che accompagna un PDF;
- la firma elettronica avanzata (FEA);
- la firma elettronica qualificata, firma supportata da un certificato qualificato rilasciato da un prestatore di servizi fiduciari che verifica l’identità del firmatario e l’autenticità della firma.
Importante per l’utilizzo delle firme elettroniche è l’articolo 25 comma 2 e 3 del regolamento eIDAS. Questo articolo stabilisce che, se una firma si qualifica come firma elettronica qualificata (e quindi soddisfa tutti i requisiti del regolamento eIDAS), la firma avrà gli stessi effetti giuridici di una firma autografa e dovrà essere riconosciuta come tale in tutti gli Stati membri.
Il Regolamento eIDAS non determina gli effetti giuridici esatti degli altri tipi di firma e spetta ai singoli Stati membri determinare le conseguenze giuridiche della firma elettronica ordinaria e avanzata. Di conseguenza, la legislazione varia da uno Stato membro all’altro.
La Fea (Firma Elettronica Avanzata), è l’equivalente digitale di una tradizionale firma autografa e ne ha lo stesso valore legale, e ad essa viene normalmente associata una Otp (One Time Password), ovvero una password valida per una singola sessione di accesso o transazione (stiamo parlando per esempio del codice sms che si riceve sul cellulare per autorizzare una transazione). Si vedano in proposito anche le Linee Guida emanate dall’Agenzia per l’Italia Digitale il 23 marzo 2020 (determinazione 157/2020) che dovrebbero consentire di firmare documenti online con Spid in conformità all’art. 20 del Cad, soddisfacendo così il requisito della forma scritta e producendo gli effetti dell’art. 2702 del codice civile.
In altri stati membri, ad esempio nei Paesi Bassi, gli effetti giuridici della firma elettronica ordinaria e avanzata sono disciplinati dalla sezione 3:15a Dcc, il quale stabilisce che le firme elettroniche ordinarie e avanzate possono avere gli stessi effetti giuridici delle firme autografe, se queste ultime sono sufficientemente affidabili (voldoende betrouwbaar), valutate alla luce di tutte le circostanze specifiche del caso. Il requisito di “sufficientemente affidabile” è uno standard aperto che rende difficile valutare in generale quando tale requisito è soddisfatto. Si presume che una semplice firma elettronica sia di solito sufficiente per una semplice transazione come la vendita di un libro o di un cd. D’altro canto, una transazione più complessa che richiede una maggiore affidabilità e sicurezza, avrà spesso bisogno di una firma elettronica più avanzata. Il valore economico e la natura della transazione saranno quindi importanti nella valutazione della validità della firma. Quanto sopra significa che se il tribunale giudica che la firma elettronica ordinaria o avanzata è sufficientemente affidabile, ha gli stessi effetti giuridici di una firma autografa. Se il tribunale giudica che non è sufficientemente affidabile, il documento firmato elettronicamente ha un valore probatorio attutito. La firma elettronica non è invalida, ma possono essere richieste prove aggiuntive per dimostrare l’autenticità della firma elettronica.
Anche secondo il diritto olandese, quindi, la sola firma elettronica qualificata ha sicuramente gli stessi effetti legali della firma autografa.
Si tratta però di uno strumento complesso, che presuppone un’adeguata organizzazione tecnica a monte.
Nella pratica nelle vendite online all’acquirente è richiesto solo di accettare le Condizioni Generali di Vendita e in alcuni casi le clausole vessatorie mediante la procedura di “point and click”.
La procedura di “point and click”
La procedura point and click prevede che la volontà negoziale del contraente rispetto a un modulo negoziale online sia espressa compilando i campi elettronici di volta in volta proposti e cliccando sul pulsante previsto per l’accettazione, il cd. tasto negoziale virtuale.
Nei contratti point and click, la spunta sul pulsante negoziale virtuale rappresenta il comportamento concludente espressivo dell’intenzione di concludere il contratto ed è il momento in cui la volontà delle parti contrattuali si incontra, rendendo efficace il contratto stesso.
Il click, in sostanza, vale come consenso, necessario per il perfezionamento e la validità dell’accordo.
Al fine della conclusione del contratto è indispensabile che la parte che offre i propri servizi online renda note agli interlocutori le condizioni contrattuali generali e le varie clausole negoziali, anche inserendole in schermate web diverse, purché collegate con un link messo in evidenza ed effettivamente accessibile.
Il soggetto che fornisce beni o servizi tramite la società dell’informazione e che si avvale della modalità di conclusione del contratto in analisi deve attenersi a quanto disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo numero 70/2003, salvo differente accordo raggiunto tra parti diverse dai consumatori.
In particolare, per garantire la trasparenza del contratto point and click, il prestatore deve, senza ingiustificato ritardo e per via telematica, inviare al destinatario una ricevuta dell’ordine nella quale vanno inseriti:
- un riepilogo di tutte le condizioni contrattuali, generali e particolari,
- le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio,
- l’indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna e dei tributi applicabili.
Il contenuto delle condizioni di vendita online tra imprenditori
L’imprenditore, nelle vendite rivolte a professionisti, potrà disciplinare come meglio crede all’interno delle proprie Condizioni Generali di Vendita Online alcune sue obbligazioni anche con riferimento ad aspetti di fondamentale importanza, quali per esempio le limitazioni della sua responsabilità, l’esclusione del diritto di regresso di cui all’art. 131 del Codice del Consumo, la durata ed il contenuto della garanzia e la scelta del foro competente in caso di controversia.
Particolare rilevanza dovrà essere data alla clausola della garanzia, non solo in ordine alla sua durata ed alla limitazione dei danni risarcibili ma anche al suo specifico contenuto: Infatti il Codice Civile italiano prevede quali rimedi a disposizione dell’acquirente solo la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto relativo ad un prodotto difettoso.
Il Codice civile non prevede infatti, quali rimedi, la riparazione e la sostituzione del bene riconosciuto difettoso. Tali rimedi devono essere espressamente concordati tra le parti e possono sostituire la garanzia codicistica.
Qualora il venditore professionista non effettui vendite dirette ai consumatori ma venda attraverso un portale di terzi ed il destinatario finale dei beni venduti sia, comunque, un consumatore, resta assoggettato alla normativa inderogabile relativa alla garanzia al consumatore, e ciò in virtù dell’art. 131 del Codice del Consumo.
È quindi consigliabile per il venditore professionale che vende online ma tramite soggetti terzi prodotti destinati ai consumatori inserire nelle proprie condizioni di vendita, che dovranno essere accettate dal suo rivenditore, l’esclusione del diritto di regresso esperibile dal venditore finale nei propri confronti.
È bene comprendere però che le Condizioni Generali di Vendita Online, per essere applicabili al contratto, devono essere richiamate nello stesso o quantomeno essere conosciute dall’acquirente. Le clausole “vessatorie” devono poi essere espressamente accettate.
Gli obblighi di trasparenza circa le modalità di conclusione del contratto previsti dall’art. 12 del decreto legislativo 70/2003 sono applicabili anche al venditore professionista, ma nelle vendite B2B le parti possono escludere tale obbligo.
La lingua di redazione delle Condizioni Generali di Vendita Online
In via indiretta l’art. 12, lett. e) del Dlgs 70/2003, sembra introdurre, quale requisito essenziale per la loro redazione, la lingua italiana.
Tale articolo prevede che al potenziale acquirente consumatore debbano essere fornite in modo chiaro, comprensibile e inequivocabile, prima dell’inoltro dell’ordine, tra l’altro, le informazioni relative alle lingue a disposizione per concludere il contratto, oltre all’italiano.
Tale informazione deve essere inderogabilmente fornita al solo consumatore, potendo tale obbligo essere invece derogato mediante accordo nel contratto tra professionisti.
Nelle vendite tra professionisti, l’art. 1341 Cc prevede che le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza.
In conclusione, sicuramente non vige oggi l’obbligo inderogabile e sancito a pena di nullità di redazione delle Condizioni Generali di Vendita Online destinate al mercato interno in lingua italiana.
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